di Giorgio Faletti
Jean-Loup Verdier, famoso disc-jockey di Radio Montecarlo, riceve in trasmissione la telefonata di un uomo che, in diretta, gli annuncia che commetterà un delitto. La notte medesima, vengono assassinati il pilota di Formula Uno Jochen Welder e la sua fidanzata Arijane Parker, celebre scacchista: entrambe le vittime sono ritrovate senza il volto, asportato dall'omicida per farne una maschera. Da queste premesse, si dipartono le quasi 700 pagine di “Io uccido”, vero caso letterario dell'anno: forse perché l'autore di questo thriller - per il quale sono stati fatti i nomi di Thomas Harris e Jeffrey Deaver - è Giorgio Faletti. Sì, avete capito bene, proprio il Faletti di “Drive In” e “Striscia la notizia”, l'inventore del vigilante Vito Catozzo, colui che conquistò un inatteso secondo posto a Sanremo ‘94 con “Signor tenente”. Quella di cimentarsi con un tipico meccanismo di suspense all'americana, fondato sul ritmo ed il susseguirsi frenetico di colpi di scena, era una scomessa sicuramente azzardata. Il Nostro ha deciso di correre il rischio fino in fondo, facendo muovere - sullo sfondo inconsueto del Principato di Monaco - un manipolo di personaggi a forte rischio di stereotipo: il commissario Hulot, che ha perduto un figlio in giovane età; l'agente dell'Fbi Frank Ottobre, amico d'antica data di Hulot, in vacanza per scordare la morte della moglie e coinvolto, suo malgrado, nelle indagini; il ragazzo ritardato Pierrot, in grado di cavare preziosi indizi da certi brani musicali; il generale americano Nathan Parker, padre di Arijane, piombato come un falco per aprir una personale e feroce caccia al serial killer. Tra citazioni letterarie e cinematografiche (da “Il silenzio degli innocenti” a “Chinatown”), il novello romanziere procede in scioltezza muovendo le proprie pedine con demiurgico piglio: la tensione, pur con qualche rallentamento, tiene sino alla fine ed anzi trova propellente novello nella seconda parte, con l'incalzante parentesi provenzale che quasi scioglie l'enigma.
...Nasciamo tutti quanti matti. Qualcuno lo rimane...